Un articolo di "Italia Oggi"/L'Edera unita in difesa del Mazzini vilipeso in Rai Il Pri chiede a Masi sanzioni per Vespa Una sparuta schiera. Ma arrabbiati come non mai con Bruno Vespa. Sono i repubblicani, che si autodefiniscono eredi del Risorgimento e in particolare di Giuseppe Mazzini. Perciò secondo loro Vespa deve pagare l’affronto di avere parlato male in tv e scritto male nel suo ultimo libro ("Il cuore e la spada") di Mazzini. La ribellione è partita dal segretario del Pri, Francesco Nucara, schierato con Silvio Berlusconi e che ha deferito ai probiviri nientemeno che Giorgio La Malfa, passato invece con Casini-Rutelli-Fini quando i tre sembravano sotterrare il Cavaliere. Ma anche quel che resta della Romagna repubblicana è salito sulle barricate: Vespa è diventato per i repubblicani il nemico-numero-uno. "Il prossimo centocinquantenario dell’Unità d’Italia, si apre con un inopportuno quanto menzognero attacco a Giuseppe Mazzini, uno dei massimi artefici dell’Unità. E’, infatti, inqualificabile, oltre che falso e tendenzioso, il giudizio espresso su Mazzini sulle reti Rai da un sovrastimato giornalista come Bruno Vespa, il quale, irridendo l’apostolo genovese, ha inoltre dimostrato di non conoscere la storia del nostro paese. E’ ancor più grave che ciò avvenga nell’ambito del servizio pubblico che dovrebbe rappresentare una garanzia di corretta e documentata informazione ed educazione": l’irata lettera-aperta è di Eugenio Fusignani, consigliere provinciale a Ravenna del Pri e tra i leader del Partito repubblicano romagnolo. Egli conclude duramente: "Auspico che il solerte direttore Mauro Masi, o qualche alto dirigente Rai, si preoccupino di quanto accade, al riguardo, negli studi di quel servizio che, quasi per ironia della sorte, ha sede proprio in Viale Mazzini". Ma auspica anche la cacciata di Vespa da presidente del premio giornalistico Guidarello, organizzato e pagato dalla Confindustria di Ravenna: "altrimenti", minaccia Fusignani, "i repubblicani lo boicotteranno". Contrariato dall’antimazzinianesimo di Vespa anche il segretario Pri, Nucara: "Noi siamo gli eredi orgogliosi della tradizione mazziniana e ci sentiamo impegnati a partecipare alle battaglie politiche dell’oggi, guardando al domani, ma avendo ben salde le radici su cui poggiano il nostro pensiero e la nostra azione. Mi tornano alla mente le parole con le quali Giosuè Carducci salutò a Bologna il passaggio della salma di Mazzini: ‘Oggi che è morto, o Italia quanta gloria e quanta bassezza e quanto debito per l’avvenire’". Nucara ha anche scritto al direttore generale della Rai: "Mi duole esprimerle la grande preoccupazione per i disservizi Rai. Personalità note in trasmissioni molto popolari irridono la figura storica di Mazzini, senza garbo e riguardo alcuno per il pensiero e per l’opera. E’ di una gravità senza precedenti che il servizio pubblico contraddica con tali spettacoli l’impegno encomiabile dello stesso capo dello Stato nel ricordare il centocinquantenario dell’Unità". A Masi sta arrivando pure una petizione firmata da decine di repubblicani: chiedono una puntata riparatrice di Porta a Porta, in cui dovrebbero trovare ospitalità anche gli estimatori di Mazzini. Il risorgimentale Vespa si trova nell’occhio del ciclone, con Nucara e i suoi adepti che ne chiedono lo scalpo. Che cosa ha fatto di così grave? Ha detto in tv e scritto: "Confesso la mia più profonda di-sistima per Mazzini. Intendiamoci: ideali rispettabili. Ma un disastro d’uomo, un irresponsabile totale. Ogni volta che si alzava dal letto, combinava un guaio. Fosse rimasto a scrivere sotto le coltri, forse avrebbe spedito meno seguaci all’altro mondo. Quanto al sesso, circolava la voce che fosse impotente. Ebbe una sola donna, Giuditta, una radicalchic, vedova di un patriota emiliano. Lei lo chiamava Pippo. Ora, se c’era una persona al mondo alla quale mai e poi mai avrebbe potuto attagliarsi il giocoso diminutivo oggi in uso per Baudo, questi era proprio Mazzini, abituato fin dall’età di 22 anni a vestirsi di nero in segno di lutto per la patria oppressa. Dopo essere stato lasciato da Giuditta, tornò al suo totale disinteresse per il genere femminile. Un amico gli gettò tra le braccia una ragazza perché la sposasse. Fu respinta con disgusto". Al contrario, secondo Vespa, Giuseppe Garibaldi merita il primato risorgimentale: "Lui era il più simpatico, me ne sono innamorato. Era coraggioso, intelligente, con una fortuna incredibile. E poi era un tenerone, che si lasciava amare da scrittrici e giornaliste che andavano a intervistare il mito e intrappolavano l’uomo. Anche Mazzini si lasciava amare, ma, se fosse dipeso dal suo modo di fare, staremmo ancora sotto i Borboni". E Camillo Benso Conte di Cavour? "A scuola abbiamo studiato un politico austero, ma in realtà è stato un gaudente fino all’ultimo giorno della sua vita, era un grandissimo scopatore". Promossi Garibaldi e Cavour, bocciato Mazzini. Così, tra i "nemici" di Vespa si è aggiunta anche l’Associazione mazziniana italiana, che dal suo sito internet gli ricorda l’apologia che di Mazzini ha fatto recentemente Giuseppe Galasso sul "Corriere della Sera": "Eppure, nonostante tutto, l’immagine di lui nei tratti, consacrati sin dall’inizio, di apostolo della libertà dei popoli e di una civiltà dei doveri dell’uomo, oltre che dell’unità nazionale, ha resistito. Le critiche e le negazioni, tanto accentuate nel frequente e tanto spesso troppo facile revisionismo antirisorgimentale e antiunitario dell’Italia di oggi, non sono riuscite a deteriorare in misura determinante quell’immagine trasmessa da una lunga tradizione anche extra-europea. Ancora vive l’apprezzamento di Mazzini quale apostolo delle idee di libertà e di democrazia, fautore di un alto impegno etico-politico nella vita civile e promotore instancabile dei diritti dei popoli e delle nazioni". Bruno Vespa accetterà di recitare il mea culpa? In ogni caso se finora era usuale dire di "non parlar male di Garibaldi", adesso si può aggiungere di "non parlar male di Mazzini". (da "Italia Oggi", 4 gennaio 2011, articolo di Carlo Russo) |